A tre mesi dal previsto taglio cesareo (data segnata sul calendario 17 giugno, data effettiva delle 40 settimane 16 luglio) mi dico che è finalmente arrivato il momento di correre ai ripari e cominciare lo shopping sfrenato per le tigrotte. Avete idea di quanti modelli di passeggini esistano? Io non lo immaginavo nemmeno. Poi mi si è aperto un mondo. Girammo decine e decine di grandi catene per bambini, negozi specializzati, boutique. Di una cosa ero sicura: mai e poi mai avrei voluto un passeggino a treno. Avete presente? Quelli in cui un bimbo è seduto davanti e l’altro dietro. Ce ne sono di tutti i tipi e di tutte le conformazioni più disparate.
Il B*Twin, per esempio, è uno di quelli che ti propongono per primo. Non costa poco (anche se trovare un passeggino che non costi un occhio della testa è una vera impresa), non è comodo, non brilla per performance né per leggerezza. Si chiude a libro e, a meno che non si abbia una monovolume o un pullmino, di sicuro una volta messo quello nel bagagliaio non ci sta nient’altro. Vero è che, essendo un passeggino doppio, non si possono fare certamente i miracoli.
Quando la commessa me lo fece vedere, pensai subito che la bimba seduta dietro avrebbe dovuto essere la figlia segreta di un contorsionista. Una volta cresciuta, dove avrebbe messo le gambe? Ma soprattutto, cosa avrebbe visto del mondo? Pura visione periferica e niente più. La sorella, quella davanti, avrebbe goduto di tutte le comodità. Quella dietro, di tutte le scomodità.
E che dire del Twone? Ora io mi chiedo: ma chi ha progettato questo passeggino, ha avuto modo di testarlo? Di provare cosa vuol dire, per il gemello seduto dietro, respirare tutti i più malsani gas di scarico delle macchine, la polvere? Il bimbo che è seduto dietro, avrà come unica compagnia lo schienale di fronte. No, i passeggini gemellari a treno proprio non mi andavano giù. Oltretutto, nonostante non costassero tantissimo, avevano comunque un costo non del tutto indifferente. Senza contare che, prima di sistemare le tigrotte nel passeggino avrei comunque dovuto metterle nelle navicelle (o culle o come preferite chiamarle). E in quelli appena presentati, come avrei fatto? Avrei dovuto comprare altri accessori. Non se ne parlava nemmeno.
No, io volevo un passeggino affiancato. Come lo avevano avuto le mie cugine. Così entrambe le bimbe sarebbero state nella stessa posizione, fronte mamma o fronte strada.
Tra le varie proposte, il più bello e il migliore (quello che poi ho scelto e che mia mamma magnanimamente ci ha regalato) è indubbiamente il Bugaboo Donkey. Relativamente leggero, maneggevole, chiusura fantastica e pratica, me ne sono innamorata a prima vista. In più, il fatto che si potesse agilmente trasformare, con tre semplici click, da gemellare a singolo, mi ha fatto subito pensare che non ci fosse un altro prodotto come questo. Sfortunatamente, anche il prezzo è unico…senza contare che, oltre al passeggino e alle navicelle comprese nel prezzo (quelle della foto, per intenderci), a parte vanno comprati gli ovetti che si sistemano sul telaio e sulla macchina. Indispensabili ed imprescindibili per i neonati. Il tutto, tra struttura, navicelle, sedute da passeggino, ovetti e sbarre di adattamento per la macchina, costano sui 2.500 €. Un investimento. Ma che rende in prestazioni e dura nel tempo. E’ praticamente indistruttibile.
Passeggino a parte, lo shopping che più mi ha dato soddisfazione è stato quello in vista del ricovero in ospedale. C’erano mille cose da guardare, scegliere, selezionare, sulla base della lista che mi avevano consegnato al Buzzi. Body di cotone, tutine, copertine, berretti. Si entra in un mondo parallelo, dove tutto è colorato, lieve, morbido. Fa pensare alle nuvole. Si cammina realmente sulle nuvole.
Nonostante la lista, devo ammettere che non mi ci sono attenuta molto. Accompagnata da mia mamma e Andrea (che ad un certo punto si è mimetizzato con gli scaffali della zona frullatori ed affini) abbiamo cominciato a tirare giù vestiti, calzine, body, fascette per capelli, cappellini, tutine con chiusura facile, tutine con chiusura sulla schiena, a più non posso. Come presi da una smania irrefrenabile di acquistare qualsiasi cosa potesse entrare in due bimbe appena nate. La povera commessa che ci seguiva, alla nostra uscita dal negozio, avrà sicuramente chiesto una mezz’ora di pausa. Ad ogni buon conto, uscita dal negozio, mi sono sentita felice. Finalmente il mio più grande desiderio stava diventando reale. Tra poco avrei visto le mie piccole. Non avevo idea di quanto profetico sarebbe stato questo pensiero.