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La mia prima settimana da mamma

koalaMamma. Ha un bel suono pieno e accogliente la parola mamma. Rotondo e dolce. Durante il periodo di degenza in ospedale, non ero più Annalisa, ma Mamma. Era così che mi chiamavano le infermiere e le assistenti del nido. Forse è una tecnica per permettere alle donne di prendere coscienza del loro nuovo status. Se prima ti potevi considerare un’entità specifica, con caratteristiche ben delineate, dopo diventi solo la mamma di.

Le mie giornate trascorrevano piene e frenetiche, sulla base degli orari delle piccoline. Ogni tre ore la poppata. All’inizio non potendo allattarle personalmente, assistevo al rito: piccola siringa privata di ago, riempita di 2 cl di latte. Il loro primo pasto! Dovevano verificare che tollerassero il latte. Incredibile l’avidità con cui succhiavano quelle poche gocce di liquido. Il tutto, ovviamente, dentro l’incubatrice. Non potevano farle uscire. L’infermiera le metteva sedute, sostenendo la piccola schiena magrolina e avvicinava la siringa alla bocca. Piccole manine chiuse a pugno e boccucce di rosa che succhiavano avidamente.

Ho provato tanta gioia, ma anche tanta pena per le mie nanette. Cosa stavano pensando dei loro primi giorni di vita, lontane dalla mamma, dentro una cuccia riscaldata, sì, ma sole? Avevo il cuore gonfio di gioia e tristezza. Un mix strano, dolce-amaro. Stavano bene, ma non potevo abbracciarle come avrei desiderato.

Poi il terzo giorno arriva una notizia bellissima e inaspettata.

Può fare un pò di marsupio-terapia con entrambe, una per volta e per non più di 30 minuti, se lo desidera.

Se lo desidero? Ma che domanda! Certo che sì.

La marsupio-terapia sviluppa e favorisce il legame mamma-bimbo tramite il contatto diretto pelle contro pelle.

Non so spiegare la gioia. Finalmente avrei potuto abbracciarle!

Una per volta, in una stanza d’ospedale, sotto gli occhi di tutti. Ma era pur sempre l’abbraccio che mi era mancato i primi giorni.

E’ stata una delle emozioni più forti e belle che ho provato dopo il cesareo. Il contatto con le mie piccoline, abbarbicate a me come koala alla pianta. Sospiri soddisfatti e occhietti curiosi che si aprivano di tanto in tanto per scrutarmi. Sembravano dire: mamma, sei proprio tu?

Passavo quei trenta minuti accarezzandole, baciando le loro testoline profumate di bebè. E come per magia, in quei trenta minuti non ero più in ospedale, ma in una dimensione tutta nostra, in cui c’eravamo solo io e le mie bambine.

Lo strazio arrivava quando l’infermiera tornava nella stanza a dirmi che il tempo a disposizione era finito. Che la bambina di turno doveva rientrare nell’incubatrice. Come l’ora d’aria dei carcerati. Che respirano a pieni polmoni la brezza fresca del mondo, per poi rientrare nella solitudine.

Il distacco era tanto doloroso per me quanto le era per loro.

Ogni volta che l’infermiera le prendeva per rimetterle nella scatola Ludovica o Veronica lanciavano dei piccoli urletti. Un pianto debole, quasi un gemito. Per poi ripiombare nel sonno senza sogni dei neonati.

E io lasciavo la stanza tristemente, ma in trepidante attesa del prossimo incontro.

2 pensieri su “La mia prima settimana da mamma”

  1. Che emozione! Mi hai fatto commuovere e ripensare anche ai miei primi giorni in ospedale, alla fortuna che io invece ho avuto a poter stringere sul petto subito il mio bimbo, e quindi posso capire la tua tristezza. E mi hai fatto commuovere anche perche’ forse, quando li vivi quei momenti, la stanchezza e i dolori e i mille ormoni in circolo non te li fanno sentire al cento per cento, almeno per me e’ stato cosi’, mentre ora che sono passati sei mesi riesco a pensare solo alle sensazioni dolci 😉

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