Ah, questo sì che è un bell’argomento…Potrei scrivere un trattato di un milione di pagine, ma cercherò di contenermi.
Arrivati a casa, tutto quello che Andrea aveva (forse) imparato in ospedale, è andato a farsi friggere. Per essere fini, eh. Quando cambiavamo le nanette nel reparto prematuri (in realtà lui l’ha fatto veramente poche volte e sempre così impacciato che persino le bambine lo guardavano di traverso come a dirgli “beh, ma ti dai una mossa??”), le infermiere si raccomandavano sempre di NON lasciarle incustodite. Di NON lasciarle da sole sul fasciatoio. E altre varie ed eventuali.
Appena messo piede nel suo regno, era lui che “sapeva cosa fare”. Con aria tronfia, doveva mostrare al mondo che lui aveva tutte le nozioni base per accudire al meglio le piccole. Infatti. Prima cosa fatta? Mise la bambina sul fasciatoio (che si trovava ancora in anticamera invece che nel bagno) e la lasciò lì per andare a prendere non so più cosa da un’altra parte. E qui scattò la mia personale sirena dell’antifurto “Andreaaaaaaaaaa, ma cosa stai facendo???? Ti ricordi cosa ci hanno detto in ospedale? Che non vanno mai lasciate da sole? C’era tanto di cartello!”. E lui “ma dove vuoi che vadano? Neanche si muovono!” E sua mamma “Ma sì, sono ferme lì”.
Uno tsunami di emozioni cangianti, dalla rabbia al furore cieco, dal nervoso alle palpitazioni cominciarono ad invadermi. Mi trattenni dallo sputare fuori improperi che una signora nemmeno dovrebbe conoscere, non dico pronunciare. Corsi vicino alla piccola e rimasi lì finché non arrivò lui. Poi la cambiai io.
Senza entrare nel merito di chi può dire cosa (scatenerei un vespaio che preferisco rimanga assopito ancora per molto), ho pensato “ci ho messo sette mesi di fatiche e sacrifici per farle, e lui tenta in un secondo di disfare tutto!”.
A questo punto, la domanda nasce legittima e spontanea: l’istinto paterno esiste? Secondo me, no. Ancora meno che quello materno. Diciamoci la verità, non si può generalizzare, questo è ovvio. Ma, da quello che ho potuto vedere, esistono alcune tipologie di padre. Vediamo Andrea in quale si riconosce.
Il mammo-papà. Ovvero quello che al primo pianto del bambino scatta in piedi come caricato a molla. Lascia tutto quello che sta facendo e plana come un angelo vendicatore sulla culla per vedere che succede. Apostrofa il bambino con paroline tipo “pucci pucci, cocci cocci, trullallà trullallà“. Il bambino smette subito di piangere. Ma lo fa semplicemente perchè dentro di sè pensa “ma cosa sei, scemo? guarda che sono un neonato, mica un cretino!“.
Il papà-bradipo.Questa categoria è abbastanza controversa. E’ quel papà che ama alla follia il suo divano. Che ha preso la forma del suo corpo secoli fa. Ci si accomoda appena può, telecomandi a portata di mano (non di braccio eh, deve poter proprio solo allungare un dito per cambiare canale), cuscini a non finire. Non provate a parlargli mentre guarda la sua serie preferita. Mugugna qualcosa, ma in realtà non ha sentito nulla. Se il bambino piange, gira appena la testa come a dire “vai tu questa volta, vero?“. E se poi proprio si deve alzare, ecco che lo fa col broncio di un bambino di cinque anni cui hanno tolto la scatola dei lego.
Il papà pavone. E’ quello che si pavoneggia con tutti: dal macellaio alla panettiera a qualsiasi passante gli capiti a tiro per strada. Racconta a tutti dei gorgheggi del figlio, di quante volte ha fatto la cacca (la segna scrupolosamente sul calendario) e della sua consistenza, di come era carino quel rigurgitino-ino-ino dell’altro giorno. E prevede già un futuro da star per il piccoletto. Diventerà un ingegnere o diventerà una top model, senza nemmeno curarsi delle possibili altre velleità del figlio/della figlia.
Il papà madovesonocapitato e soprattuttochisono. Guarda il figlio come se fosse un alieno. Non sa da che parte cominciare a cambiargli il pannolino (di solito lo mette al contrario e lo stringe troppo), non riesce a infilare il body dalla parte giusta (chissà come mai, a cambio terminato, il piccolo sembra sempre una mummia imbalsamata, forse perché ha messo entrambe le gambine nello stesso buco!?) e per lui i vestiti sono un mistero ancora non scoperto.
Il papà chioccia. Guarda ancora la compagna/moglie come se fosse la Madonna (beate loro, il mio ha smesso appena ha visto le bambine). La notte, durante l’allattamento, si siede a fianco della compagna e le tiene compagnia, le porta da bere, le massaggia i piedi, la conforta. Durante il weekend, prende il pupo/la pupa e lo porta in giro per permettere alla mamma di riposarsi come si deve almeno per qualche ora. Scarpinando per chilometri e chilometri, tendendosi il più lontano possibile da casa. Sì, vi assicuro che anche se rari, questi papà esistono!
E, a proposito dell’istinto paterno, che dire? Quali conclusioni trarre? Che il padre, così come la madre, impara ad essere davvero un papà solo col tempo. Anche se, va detto, non avrà mai quel potere di spostare le montagne e disintegrare gli inopportuni con uno sguardo. Questi super-poteri li hanno solo le mamme.