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Quello che le bambine non dicono (e che vogliono)

Le bambine, queste sconosciute. O meglio, sconosciute che pian piano si stanno palesando. Avete mai avuto la sensazione di aver acquisito competenze e capacità che vi sarebbero servite molto di più nel passato rispetto al presente? O di avere quella famosa marcia in più, ma quando non vi occorre più? A me è successo spesso, e mi capita ancora. Mi piace chiamarla esperienza. Spesso e volentieri mi capita di pensare “se solo avessi saputo come fare prima, quando ne avevo bisogno, invece di saperlo ora, che non mi serve più, come sarebbe stata la mia vita in un determinato periodo?”. Ecco, ritorniamo al punto di partenza: all’esperienza. E’ impossibile nascere “imparati” (e chiedo scusa ai puristi della lingua per questo termine). Benché ci siano una marea di persone che si sentono detentori assoluti della verità, della saggezza, del saper-vivere, in realtà mentono con gli altri, ma soprattutto con sé stessi.

IMG_2008Io non ho di certo una mente illuminata. E quindi, giorno dopo giorno, ho imparato sulla mia pelle e in attimi di pura follia come vadano affrontate certe situazioni. Ma sempre a posteriori.

Primo: i bambini non sono idioti né tanto meno scemi. Parlare loro con toni che rasentano la deficienza e un diploma di merito al più cretino del villaggio è controproducente e anche un pò ridicolo. I bambini sono semplicemente piccoli. Ma il loro cervello, se vogliamo che si sviluppi adeguatamente, ha bisogno di stimoli intelligenti. Non di paroline berciate con tono da “mi sono schiacciato il piede nella porta”. Non è “pupù” è cacca, non è “ciccina”, ma carne, non è “bua o bibi” è male, non è “baubau” ma cane. Punto.

Secondo: quando urlano a più non posso, soprattutto tra i due e i quattro mesi (almeno secondo la mia personale esperienza) i motivi possono essere i seguenti.

  • Hanno le colichette. In questo caso, ho ravvisato che è perfettamente inutile farle volteggiare per tutta la casa scuotendole come se si suonassero le maracas e cantando a squarciagola. Posizione dell’aeroplano o bimbe a pancia in giù sulle ginocchia servono solo a farle rigurgitare con perizia millimetrica tutto quello che hanno mangiato fino a quel momento. Ogni tanto possono anche servire, ma è sempre meglio stenderle a pancia sotto sul letto e cullarle con pazienza e fede. Pazienza (compratene un pò se non ne avete abbastanza). Fede (quella vi verrà per forza di cose)
  • Vogliono cambiare posizione! Dopo aver cantato tutto il repertorio di canzoni e canzonette dall’italiano all’inglese allo spagnolo (vociando, storpiando, rievocando motivetti che credevo, e speravo, dimenticati per sempre), e averle provate tutte, le spostavo in altre stanze, con giochi, palestrine e cane al seguito. E, miracolo, smettevano di urlare! Potere della novità. Se lo avessi scoperto prima, ora il mio udito sarebbe quello di una volta, invece di essere accompagnata periodicamente dagli acufeni…

Terzo: vogliono una mamma serena e una situazione famigliare altrettanto serena (e le due cose vanno evidentemente di pari passo). Sembrerà banale, ma non lo è. Mi sono accorta che ogni mia più piccola sfumatura del mio stato d’animo si riflette in misura uguale e proporzionale nelle bambine. Se sono rilassata, lo sono anche loro. Se sono triste, piangono. Se sono nervosa, urlano e sono insofferenti. Basta così poco per trasmettere serenità e pace. Quando proprio non ce la facevo più (e a volte mi capita ancora adesso) uscivo per una passeggiata da sola (o col cane). Mezzora di relax ristoratore e, tornata a casa, le bimbe sentivano che il clima era molto più disteso. E ci si adeguavano.

Quarto: la mamma è il mio punto di riferimento. Se sono in braccio a lei, non tentare di portarmi da un’altra parte. A meno che non sia io a suggerirlo. Tendendo le manine. Guardando con insistenza un’altra persona. Sorridendo. Ma se, appena mi porti via dalla mia mamma, comincio a piangere, forse è perchè NON voglio cambiare abbraccio. Quello che ho mi basta e mi va bene così.

Quinto: la prima parola che ripeteremo all’infinito (fino a che non avremo le competenze per dirne altre) è MAMMA. E’ inutile che continuiate a ripeterci come un disco rotto altre parole. Tipo PAPA’ (non preoccuparti nonna, prima o poi lo diremo, come hanno fatto tutti, ma per il momento il nostro centro del mondo è la mamma) o similare, noi adesso chiamiamo solo ed esclusivamente il genitore di sesso femminile. La mamma è sempre la mamma, ça va sans dire. Con buona pace di chi non se ne vuol fare una ragione.

Sesto: anche se siamo nate in Lombardia, ci sentiamo per metà piemontesi. Anche su questo, dovete farvene una ragione. In primis perché la mamma ci tempesta quotidianamente (insieme a nonna Tox) di canzoni in dialetto e ci racconta tutte le meraviglie della terra sabauda. In secondo luogo perché, quando andiamo a Bra, l’affetto e l’amore che riceviamo dai nostri parenti lontani ci accompagnano col loro dolce abbraccio durante le settimane che trascorriamo lontane dalle origini materne.

Settimo: alla sera noi ci addormentiamo bene se prima siamo state coccolate un pò dalla mamma e dal papà. Non li vediamo per tutto il giorno e alla sera vogliamo stare nelle loro braccia. Al sicuro. Vogliamo fare il pieno di affetto per la notte e per il giorno dopo. E’ così che vogliamo passare il momento prima della nanna. Se piangiamo e scalciamo e strepitiamo, forse sarebbe il caso che vi chiedeste come mai lo facciamo. Psicologia degli atteggiamenti a parte.

Ottavo: da mamma abbiamo ereditato la testaccia dura. Siamo come dei bambù: ci possiamo piegare, certo, ma non ci spezziamo. E soprattutto, abbiamo un forte senso della famiglia. Non tentate in alcun modo di cambiarci. A parte che ce ne faremmo un bel baffo e poi, ve lo diciamo sinceramente, potremmo arrivare ad odiarvi. Ma sul serio eh!

Nono: siamo delle gran mangione. Apprezziamo il buon cibo e la convivialità. A tavola facciamo ancora fatica a stare brave e composte, ma soprattutto perché ci piace chiacchierare, interagire e vivere i commensali. Per cui, abbasso la TV e viva lo scambio di idee! Papà, fattene una ragione, che adesso a tavola con te ci sono quattro donne (o tre, a seconda di nonna Tox). Il tuo regno è destinato a sgretolarsi a suon di ciance.

Decimo: percepiamo il tuo tentennare. Vogliamo una guida, che si senta forte e sicura. Vogliamo delle linee di comportamento e una mano forte cui appoggiarci. Non ci servono solo i sorrisi e i giochi. Per crescere, abbiamo bisogno di qualcuno che ci accompagni con serietà nel mondo. Astenersi perditempo.

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