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Come scegliere la tata perfetta.

Ovvero, del rientro da fantascienza in ufficio e di come sopravvivere senza troppi pensieri funesti.

Come superare il trauma da rientro in ufficio, l’ho già scritto. Quello di cui ancora non ho parlato è come districarsi tra mille e oltre offerte di baby-sitter. L’anno scorso, a ottobre, in previsione del mio rientro in ufficio, insieme a mia mamma abbiamo pensato bene di elaborare un annuncio da pubblicare sul sito Kijiji. Lo conoscete no? A prima vista sembra un’accozzaglia di offerte, domande, vendite e chi più ne ha, più ne metta. Ma, se usato bene, può funzionare. Alla grande.

Infatti, se lo sai usare bene… Impostato l’annuncio, che richiedeva una persona seria, affidabile, amante dei bambini, con pregressa esperienza, residente a Olgiate Olona o nelle vicinanze, due gemelle da seguire (che all’epoca avrebbero avuto nove mesi), mia mamma ha avuto la brillante idea di:

  • dare come indirizzo mail di contatto il suo personale. ARGHHHHH!
  • Non inserire una scrematura sull’età della candidata

Va premesso che io, mai e poi mai, avrei affidato le bambine ad una ragazzina. No a potenziali baby-sitter sotto i 30 anni, no a ragazzotte appena uscite dall’Università (sono stata una neo-laureata anche io. Anche se pensi di poter spaccare il mondo, dopo la laurea, in realtà è il mondo che prende, subito, a calci te), no a mamme con bambini piccoli (ovvero in età da malattie virali di qualsiasi tipo e foggia). Di risposte che rispondessero alle mie esigenze ne sono arrivate a centinaia. Di curricula campati per aria e scritti, spesso e volentieri, in un italiano approssimativo, ancora di più.

La nostra magica Antonella!
La nostra magica Antonella!

Come uscire dalla babele di proposte, allora? Beh, mi sono concentrata prima di tutto sulla forma. Quelle che scrivevano che “avevano curato il figlio della sorella o dell’amica o della vicina di casa” le ho scartate a priori. Curato? Ma che, erano malati questi poveri bambini? No, è che qui in Lombardia, curare significa prendersi cura. Licenze poetiche manzoniane neppure troppo auliche. Ho poi iniziato a scartare i curricula di ragazze troppo giovani e di donne che nella loro vita avevano fatto tutt’altro. Dalle operaie alle commesse. Vi posso assicurare, e questo mi fa tanta tristezza, che di CV di donne alla disperata ricerca di un lavoro ne ho letti davvero tanti. Persone magari preparatissime e super-competenti nei loro ambiti di crescita professionale che, causa la crisi, si sarebbero volentieri votate alle gemelle, pur di avere un lavoro.

Infine, ho cestinato senza scrupoli quei curricula scritti in italiano precario o risposte monosillabiche. Ricordo ancora una ragazza/donna (chi lo sa? non aveva indicato l’età. Anzi, non aveva indicato nulla!) che rispose scrivendo “va bene, contattami a questo numero xxxxxxxx”. Come prego? E tu chi sei? Come ti chiami? Dove abiti? Quanti anni hai? Ma porco mondo, mi vuoi dire qualcosa di più di te? E rispondendo così, speri di trovare lavoro? Figlia mia, fai un corso accelerato di scrittura. Non creativa, per carità di Dio.

Alla fine della lunga ed estenuante selezione, dopo che la casella di posta di mia mamma aveva proclamato uno sciopero generale ad oltranza e si era bloccata più e più volte, ho visto circa una decina di persone. Dai 30 ai 50 anni. Nessuna di loro, però, soddisfaceva i miei desiderata. O meglio, c’era una ragazza, una tipa a posto, con la testa sulle spalle, che aveva già parecchia esperienza. Lei sarebbe stata la mia prescelta, se nel frattempo, complice la signora Anna della farmacia, non avessi incontrato anche Antonella. Per me, dopo pochi istanti, è stato amore a prima vista.

Sapete, ci sono quelle persone che ispirano fiducia immediata, che appena entrano in un posto portano con sé una luce tutta particolare, di pace e serenità, di affidabilità e gentilezza. Ecco, quando Antonella è venuta a casa a fare il colloquio, ho capito che volevo assolutamente lei. Le piccole, che come me hanno intuito e buon gusto, l’hanno amata subito. E così, per dovere di responsabilità, ho dovuto ricontattare alcune persone con cui ero in parola, per dire che non avevo più bisogno.

E da quel giorno, salvo peripezie varie che non sto a raccontarvi, perché non sono fatti miei personali, quando esco di casa sono tranquilla. So che le bambine sono in mani sicure. Nelle mani di qualcuno che vuole loro bene, che le sa accudire (non curare!), che sa come prenderle. Ma soprattutto, qualcuno a cui le piccole scimmie vogliono bene.

La tata non è e non deve essere una seconda mamma. Ma una persona di fiducia, questo sì. Sempre.

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