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Le cose che vorrei

Spesso e volentieri vado in crisi. A voi non capita mai? A me succede a periodi alterni, con lassi di tempo tra un vuoto e l’altro di settimane, più spesso di mesi. Quando si conosce il buco nero, questo ci accompagna per tutta la vita, credo. Non è pietismo (lo odio), né compassione (la odio ancora di più del pietismo). E’ una pura e semplice presa di coscienza. E un’analisi introspettiva che mi fa bene fare, a volte. E che farebbe bene anche a tante persone che mi circondano.

198096_1986788068790_1215934190_2379426_6184818_nVorrei ritornare bambina, anche solo per un giorno, e rivedere i miei cari che non ci sono più da tanto tempo. Mio papà, i miei nonni, la mia prozia Domi (Domenica), gli amici che ho perso lungo la strada. A tutti loro, vorrei poter dire le parole che non ho detto quando era il momento. E dispensare gli abbracci che ho tenuto chiusi dentro di me. Per pudore, per rabbia, per stupidità.

Vorrei rivivere alcuni dei momenti più belli della mia vita, ma anche alcuni dei più brutti. Per immergermi allo stesso modo sia nella gioia estrema, che nel dolore più scuro. E rinascere dopo un processo catartico. Entrambe le condizioni mi hanno dato molto in termini di esperienza e hanno concorso a fare di me la persona che sono.

Vorrei essere meno sensibile e farmi meno domande. Con tutte le domande che mi faccio quotidianamente, e con le risposte che ne ricavo, potrei scrivere un manuale (che non interesserebbe a nessuno). Ma leggendolo, forse, potrei trarne degli insegnamenti per non prendermela per certe cose e per affrontare la quotidianità in modo diverso.

Vorrei non leggere le sfumature. Non capirle e non interpretarle. Starei mille volte meglio.

Vorrei riempire gli spazi dei silenzi e delle parole non dette con conversazioni brevi, ma brillanti. Scherzose e serie. Ma il contrappasso spesso e volentieri mi accompagna e mi precede, anche.

Vorrei non dover lottare quotidianamente per dimostrare chi sono e quanto valgo. Se già mi si conosce, perché mi si chiede sempre e comunque di dar prova di me? Perché non può essere tutto semplice e lineare? Perché se la strada da percorrere è sempre stata una e una sola, a me si chiede di percorrerne un’altra? Possibilmente più difficile, più irta e meno trafficata?

Vorrei non aver sgridato le bambine quando erano troppo piccole per capire anche solo il mio tono di voce. Mi vergogno ancora di quanto successo un anno fa. Spero che, in cuor loro, mi abbiano perdonato.

Vorrei essere una brava mamma, dolce e attenta e premurosa, una colonna portante per le mie piccole. Un faro nel buio, un letto dopo una giornata stancante, un cibo nel momento di fame più nera.

Vorrei una vita serena e di pace, dopo tanto lottare.

Vorrei uno spazio mio, tranquillo, riservato, silenzioso.

Vorrei leggere ancora almeno un milione di libri. Ma vorrei anche viaggiare sempre di più, sempre più lontano. Ecco, vorrei anche tornare in India. E lasciarmi cullare dai sorrisi calorosi della gente meravigliosa che ci abita.

Vorrei che qualcuno mi prendesse per mano e mi guidasse dicendomi “Tranquilla, lascia da parte la frenesia, ora ci penso io a te. Andrà tutto bene”.

Vorrei continuare a scrivere finché ho vista e mani che possono danzare lievi sulla tastiera.

Vorrei che le persone che mi vogliono male finissero nel girone degli invisibili. Pur con tanto sbracciarsi, io non potrei comunque vederli né sentirli.

E, nel breve, brevissimo tempo, tipo ora e qui, vorrei una bibita fresca e una bella macedonia di frutta, magari con del gelato, perché con questa canicola insopportabile, di cavolate mi sa che ne ho scritte tante, ma nel pieno delle mie facoltà mentali. Assolutamente.

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