La canicola avvilente di questi giorni è cosa ormai nota e stra-raccontata. Così come i consigli dei TG nazionali e regionali a bere molto (grazie, se non ce lo aveste detto voi, ci saremmo lasciati prosciugare come una pozza d’acqua nel Sahara), a mangiare frutta e verdura (ma va????), a non uscire nelle ore più calde (e beh, siamo tutti scemi, no? ci piace uscire con 40° all’ombra). Cavolate da TG a parte, quello che ancora nessuno ha sviscerato è il modo in cui la gente si veste, per combattere il caldo.
A Milano, ogni giorno, ne vedo di ogni e mi chiedo quasi sempre come facciano, ragazzotte cellulitiche e signore non più giovanissime ad uscire di casa conciate in quei modi. Forse, oltre alla mancanza di refrigerio, non dispongono nemmeno di specchi.
La giovanissima praticamente nuda: la vedi, è più o meno magra, più o meno alta. Canotta cortissima d’ordinanza e short copri-sedere. Outfit che, se visto su una ragazza sotto i venti anni o poco oltre, quantomeno proporzionata e senza buchi di cellulite che paiono crateri lunari, potrebbe anche starci. Diciamo che dal “gioioso abbigliamento estivo” si passa al trash in modo direttamente proporzionale all’attività svolta dalla ragazza in questione. Se sta andando in ufficio, mi spiace, ma non va proprio bene! Meglio che torni subito a casa e si dia malata.
La trentenne inguainata in jeans strizzatissimi: ne vedo anche di più giovani, per carità. Ma quelle sulla trentina, che magari hanno già anche dei figli, e che si vestono, con i 40° all’ombra di Milano con jeans skinny e tacco 12 non riesco proprio a non ammirarle. Ma soprattutto, quello che mi chiedo continuamente è non come hanno fatto a entrarci, ma come ne usciranno. Dopo averci sudato dentro come dei maiali rotolatisi nella melma, con i jeans che saranno diventati una seconda pelle nel vero senso della parola, a guisa di sottovuoto, come faranno a riappropriarsi delle gambe? Come si libereranno della guaina? Certo è che, se è vero che sudare fa bene, con un abbigliamento di quel tipo la riduzione del giro-coscia-sedere è assicurata. Con buona pace delle più pigre che di recarsi in palestra nemmeno ci pensano. E che dire, poi, dei tacchi a spillo? Già io con i miei canonici 4 centimetri e non di più rimango spesso e volentieri attaccata all’asfalto per il gran caldo. Senza considerare le vesciche che mi verrebbero fuori come funghi un pò ovunque. Ma loro? Misteri della fede. Se, passeggiando per Milano, notate una serie infinita di buchetti nell’asfalto, non pensate che sia una nuova orma di qualche animale esotico. No, sono loro, le tacco12-addicted.
La signora che rifiuta di crescere: la noti, a chilometri di distanza. Non dico che si debba vestire da cariatide. Ma nemmeno tentare di sembrare più giovane di almeno vent’anni. Perché quello no, non le riesce proprio. L’unica cosa che le riesce bene, è sembrare totalmente ed inesorabilmente ridicola. Di solito si veste con vezzosi vestitini in sangallo, lunghezza al ginocchio (meno male!), pinza fiorata tra i capelli, vistoso rossetto rosso e occhialoni da sole stile diva anni ’50. Ma il colpo di grazia all’abbinamento di dubbio gusto viene dato dalle zeppe. In corda, altissime, super-riccamente decorate con motivi floreali quando non con paillette e lustrini di qualsiasi foggia e colore. Ed è (anche) dalla camminata sbilenca da ubriaco che capisci che no, non hanno proprio più l’età per certe cose. Dovrebbero farsene una ragione.
Il vitellozzo in vacanza: di tutte le tipologie di stranezze umane che col caldo sbucano dai tombini, questa è quella che più mi affascina per il ribrezzo che mi provoca. Che poi, in vacanza non è, tanto per capirci. E non si trova nemmeno in una località di mare. Ma a lui non importa. Fa caldo e deve sentire che quel minimo di brezza gli accarezza il petto villoso e le mutande. Di solito, questo vitellozzo lo trovate abbigliato così: canotta bianca di cotonaccio, super-scollata sul petto fittamente decorato da una foresta di peli, elastico delle mutande che spunta dai bermuda, corti e color sabbia sporca, da cui fuoriescono gambotte tozze e ancora più pelose del petto. Ai piedi, infradito ortopediche, bianche (o meglio, una volta erano bianche, ma poi si sono convertite al grigio-nero), suola di legno. Questo tizio, chissà perché, si piazza quasi sempre agli angoli delle strade, nel minuscolo ed unico cono d’ombra disponibile, con le mani ben piantate sui fianchi stile Mussolini. E voi, passandoci di fianco, non potrete non svenire per l’olezzo che emana dalle ascelle. Anche quelle rigorosamente pelose.
E poi ci sono tutti gli altri. Che, seppur sopraffatti dal caldo e dall’afa, tentano di mantenere un contegno decoroso. Senza per questo sembrare dei pinguini imbalsamati. Caldo o non caldo, un pò di contegno S’il vous plaît!