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Stomaco d’acciaio (e sua sorella)

Spiaggia-Portonovo.jpg_200636213328_Spiaggia-PortonovoAvrei voluto nominarlo “memorie post rientro parte terza”, ma per non annoiarvi, sono andata dritta al punto. E’ incredibile quante cose possano essere ingurgitate in un amen da due gemelle di 15 mesi che sfuggono al controllo dei gemellitori e della gemellinonna.

Partiamo con le (dis)avventure di stomaco d’acciaio e sua sorella in casa.

Durante la vacanza, mentre noi mangiavamo pranzo, Veronica e Ludovica si sono scofanate, nell’ordine, l’intonaco del muro (l’unico pezzo scrostato l’hanno beccato e fatto ulteriormente a pezzi loro), la carta igienica del bagno, la copertina del libro fresco fresco di regalo (Le Petit Prince, per essere precisa), una parte di un pannolone incautamente lasciato sul letto, le salviettine rinfrescanti per bebè, l’involucro in plastica delle salviettine, il cartellino ancora incautamente attaccato sui costumi da bagno nuovi. Il tutto, nel silenzio più assoluto. Prima deduzione: se in casa cala il silenzio, innaturale e immobile come una statua, allora devi correre, più veloce della luce. A recuperare le streghe che, ovvio, stanno combinando danni semi-permanenti.

In spiaggia, tutto un altro discorso. Lì eravamo costretti ad avere almeno cento occhi. Già io e mia mamma, portatrici sane di occhiali, avevamo la fortuna di aver non quattro, ma ben otto occhi. Per i restanti 92 ci siamo dovuto affidare ai vicini di ombrellone, che per carità cristiana e per desiderio di silenzio (stufi delle nostre urla di richiamo), ci davano una mano nel controllo delle piccole iene. Anche qui, materiale organico e non da addentare ce n’era in abbondanza: dalle pietre (che per fortuna siamo sempre riuscite a cavare dalle bocche affamate), alle cicche di sigaretta (idem come prima), ai giochi da spiaggia, dal secchiello alle palette ai camioncini di Topolino, Minnie, Pluto e compagnia viaggiante, rigorosamente strusciati sulla battigia e poi velocemente infilati in bocca. Con suzione annessa, soddisfatta e goduta. Per non parlare della crema solare e del tubetto che la conteneva: durante il difficile e tortuoso procedimento di spalmatura della stessa, quando per forza di cose dovevo posarla sull’asciugamano per incremare la bambina di turno, quattro mani voraci si lanciavano a velocità supersonica per infilarsi tappo, beccuccio o altro in bocca. A quel punto, 8 denti bianchissimi e una boccuccia di rosa piena di crema protezione 50 facevano da palcoscenico per un sorriso Durban’s che nemmeno nelle pubblicità anni ’90.

E che dire del parco giochi? Il loro preferito era quello di fronte al porto vecchio. Un’area recintata in cui, mattino pomeriggio e sera decine di bambini urlanti prendevano d’assalto i giochi. In un turbinio di piccioni e gabbiani impazziti che fuggivano più veloci del Concorde. Qui di materia rosicchiabile ce n’era in abbondanza: dalle panchine in legno (non oso immaginare quanti frammenti sono entranti nelle bocche e finiti dritti negli stomaci) ai giochi (soprattutto le funi di corda, amate sopra ogni cosa), alla recinzione stessa. Cui si aggrappavano mani e denti, in una splendida imitazione di Clint Eastwood in Fuga da Alcatraz. Vani i tentativi di staccarle da qualsiasi cosa fosse a portata di denti. Immancabilmente, tornavano lì, pronte a far scattare le fauci.

Per non parlare, poi, delle fettucce annodate strettamente al passeggino, con attaccati giochi che potessero tenerle calme nei momenti morti, ovvero quando, per 5 minuti, mi fermavo davanti ad una vetrina o mi sedevo per un caffè. Le fettucce si erano sfilacciate dopo appena un’ora dalla prima sistemazione e fili argentei e bavosi colavano sui menti delle due piccole pesti.

Con tutto quello che hanno morsicato (e probabilmente deglutito a mia insaputa) durante le ferie, posso solo immaginare il traffico a semaforo lampeggiante che si è scatenato nei loro stomaci. In ogni caso, con un misto di ammirazione e stupore, devo ammettere che Ludovica e Veronica, in termini di digestione, non hanno preso da me, per fortuna.

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