Oggi voglio fare una considerazione sull’attuale situazione lavorativa in Italia (ma penso anche nel resto del mondo, più o meno). Che il momento storico sia critico lo sappiamo. Che il lavoro manchi, è dato assodato. Anche se poi, in realtà, sappiamo per certo esserci richiesta per alcuni ambiti lavorativi che nemmeno viene presa in considerazione dai più. Perché troppo faticosi, perché si deve lavorare il sabato e la domenica, perché si tira tardi la sera. In alcuni casi, perché si deve lavorare anche di notte, pur non essendo operai distribuiti su più turni.
Tutto vero, anzi verissimo. Il problema sorge quando, arrivati ad una certa età (che poi non parlo mica di over 60!), si perde il lavoro perché licenziati o messi in cassa integrazione o per mille altri motivi, ricollocarsi diventa davvero difficile, se non (quasi) impossibile. E’ questo il caso di un caro amico. Un amico vero, di quelli che vedi una volta all’anno, forse anche meno, ma che tutte le volte che ritrovi è come se ci si fosse lasciati il giorno prima. Una persona speciale, che ho incontrato in un momento particolare della mia vita. E in quel momento, seppur non fossimo ancora amici, lui si è prodigato per aiutarmi a realizzare un grande sogno. Così, senza chiedermi nulla in cambio. Ed io, grata e felice, ho subito pensato che fosse una brava persona. Percezione confermata poi col tempo. Raramente sbaglio giudizio sulle persone. Spesso mi basta trascorrere poche ore insieme a qualcuno per capire subito che tipo di individuo possa essere. Quali sono le sue ambizioni e quanto sia un elemento positivo o negativo per me.
Ovvio che non ho la sfera di cristallo, ma questo è uno dei pochi doni che ho. Comunque, tornando a noi, questo amico sta attraversando un periodo di forte stress emotivo e di personale disagio. Periodo che va avanti, da quello che so, da alcuni anni. Immaginate di essere un giglio candido e delicato e di trovarvi in un ambiente di rinoceronti pronti a calpestarvi senza nemmeno avervi notato. Senza nemmeno aver capito il valore aggiunto che un fiore di quel tipo può portare all’ambiente di lavoro in cui passate, quotidianamente, ben più delle canoniche otto ore. Beh, questa è la situazione che ha vissuto Giorgio (nome di fantasia, preferisco che non sia possibile riconoscerlo). Ho seguito, nel tempo, l’amarezza e la sfiducia che crescevano dentro di lui. La sensazione di inutilità, di pesantezza, ma soprattutto di presa in giro. Spesso mi diceva che non riusciva a capire come l’azienda per cui lui aveva dedicato così tanto della sua vita (personale e lavorativa), potesse d’improvviso trattarlo come un giornale vecchio, da cestinare nella raccolta differenziata. Ed io ho sofferto con lui.
Ripeto: anche se le cose è così che vanno, anche se il mondo è da parecchio che gira al contrario, a quella sensazione di spaesamento e di ingiustizia non riesco proprio ad abituarmi. E se poi penso che una persona come lui, una delle più positive, professionali e buone che ci siano su questa terra deve aver a che fare con problematiche serie come la mancanza di lavoro, allora mi infurio davvero. E penso a quanto mi faccia schifo questa società, che non permette ad un professionista di ricollocarsi. Non solo sulla base delle evidenti competenze maturate nel corso dei decenni, ma nemmeno in ruoli che negano la sua bravura, semplicemente per una mera questione d’età.
Questo amico ha bisogno di trovare un lavoro. Come lui ce ne sono a milioni nel nostro Paese. Non si possono risolvere tutte le situazioni come questa, ma spero che qualcuno di voi, che legge ogni mattina il mio blog, sia così umano e sensibile da prendersi un attimo per ragionare. Questo amico è disposto a fare qualsiasi lavoro, purché serio.
Perché, come dice lui, “Nessun lavoro è svilente, anche rispondere al telefono. Anche quello è un compito importante, lo devi fare bene. Dal mio punto di vista, ogni lavoro è arricchente sia professionalmente che umanamente. Sono disposto a fare qualsiasi cosa”. E qui, scusate, ma lancio una richiesta di aiuto: c’è qualcuno di voi che può aiutare Giorgio?