
Ne sono passati di anni (ben sei) e ancora di più ne è passata di acqua sotto i ponti (una alluvione, quasi). Che poi a ben vedere l’ultima similitudine avrei potuto evitarla, ma ormai è andata così. Non me ne abbiano a male le amiche francesi della Costa Azzurra e le amiche sarde. Sei anni dal mio, nostro matrimonio. Sei anni da uno dei viaggi più belli di tutta la mia vita: Nepal, India e Maldive. E ad essere sincera, le Maldive le avrei pure glissate elegantemente. Ma dovendo accontentare tutti, me e Andrea, abbiamo unito la scoperta, l’avventura e la storia con il mare e il relax. Che poi io, dopo tre giorni alle Maldive, avevo voglia di accoltellarlo o di suicidarmi nel mare tra gli squali. O farmi catturare da giganteschi quanto disgustosi pipistrelloni giganti che partivano come razzi dalle cime delle palme per planare sulle nostre ignare teste. Ma questa è un’altra storia.
Tornando a monte, per me l’India è stata una scoperta oltre qualsiasi aspettativa. Il calore di questa terra arsa dal sole, la bellezza di monumenti millenari, la gentilezza e la cortesia dei suoi abitanti, il sorriso bianchissimo dei bambini che spiccava come neve al sole su visetti olivastri. L’India è una nazione dai forti contrasti e dalle mille contraddizioni. Il lusso convive gomito a gomito con la povertà più estrema, gli hotel cinque stelle vanno a braccetto con gli slum. I ristoranti stellati fanno a pugni con i malati di lebbra che chiedono l’elemosina agli angoli delle strade. E poi il caos, la guida all’inglese, gli animali che imperano ovunque, camminano in mezzo alla strada, tra le stradine, nei parchi cittadini, nei templi. L’uomo e la natura sono un’unica, meravigliosa e cozzante realtà. La cacofonia di colori è come un’orchestra male accordata che riesce però comunque a suonare una melodia bellissima e struggente. E, in tutto ciò, il forte, assordante, noioso e irritante rumore dei clacson. Che vengono suonati sempre e comunque, ovunque, a qualsiasi ora del giorno e della notte.
Sarà perché l’ho visitata durante il viaggio di nozze, sarà perché era un periodo della mia vita in cui ero molto più predisposta nei confronti delle novità rispetto ad altri. Ma dell’India mi sono innamorata a prima vista. Anche delle vacche macilente e traballanti che, per fare un esempio, a Varanasi ci camminavano a fianco disseminando cacche ad ogni piè sospinto. E guai a dir loro qualcosa o a provare a toccarle! In qualità di animali sacri, alle mucche tutto è permesso, tranne vivere una vita tranquilla, magari in un pascolo erboso. La prossima volta che ci capito, non mancherò di verificare se queste vacche sono poi così contente di passeggiare tra il traffico impazzito della città e di dover fare lo slalom tra carretti, auto, moto, biciclette. Non credo proprio.
L’India che ho avuto modo di visitare e amare è in gran parte quella del nord. Tra i posti che mai scorderò nella mia vita ci sono i seguenti.
Il Taj Mahal inno all’amore che dura per sempre. Molto romantico, se ci pensate. E’ un monumento al sentimento fortissimo dell’Imperatore Mogul Shah Jahan per la sua principessa prematuramente scomparsa, Mumtaz Mahal. Il marmo bianco, ma di un bianco accecante, i giardini che lo circondano e il silenzio quasi religioso che si respira al suo interno lo rendono un luogo magico, fuori dalla quotidiana realtà. Di fronte, una panchina, anch’essa famosissima: è la panchina sulla quale si sedette per alcune foto ricordo Lady Diana, in occasione della sua visita in India. E lì, ovviamente, anche io mi sono fatta scattare le foto di rito. Ah, si trova ad Agra…nell’Uttar Pradesh.
I Templi di Khajuraho, dichiarati dall’UNESCO Patrimonio Mondiale dell’Umanità. Si trovano nella regione di Madhya Pradesh e la loro origine viene fatta risalire all’incirca tra il 950 e il 1050 a.C. Le scene che vengono riprodotte sulle pareti di questi templi, di altissimo pregio e valore artistico, sono tratte dal Kama Sutra ma anche da probabili scene di vita quotidiana. La visita ricordo che durò tantissimo. Ma forse la percezione estesa del tempo fu dovuta in gran parte al caldo incredibile, all’afa e all’umidità, percepita intorno al 90%. Indossavo una maglietta a maniche corte nera non proprio adatta alla canicola. Ricordo che buttavo fuori così tanti liquidi che la macchia di sudore sulla schiena era ben visibile, anche sul nero!


Il Lake Palace Hotel a Udaipur. Gli hotel in cui abbiamo dormito mi sono piaciuti tutti. Ma questo è l’unico che mi ha rubato il cuore. Un’isola nel centro di un lago, accessibile solo con barca privata. All’arrivo sulla banchina, petali di rosa piovono dal cielo per accogliere i neo-sposi. All’interno, marmi, fontane, fiori a profusione, pareti riccamente decorate e intarsiate, stucchi e addetti al servizio clienti che, al passaggio dell’ospite, si inchinano. La nostra camera era una magnifica suite ad angolo, con vista sull’acqua e sulla città di Udaipur. Inutile dire che il cibo, così come l’accoglienza e la cura dei dettagli erano superlativi. Il Lake Palace è così bello che è stato anche immortalato nel famoso film di James Bond “Octopussy – Operazione Piovra”. Unica nota stonata di questo luogo paradisiaco, la febbre di Andrea, che per una giornata intera l’ha messo KO. Ma no problem, io ho continuato a vivere la mia esperienza da Maharani (l’equivalente femminile del termine Maharaja) anche da sola, passeggiando per i lunghi corridoi marmorei, sorseggiando tè alla menta in piscina, piluccando stuzzichini.
Varanasi, la città delle anime, stato dell’Uttar Pradesh. Sveglia ancor prima dell’alba, ben prima che il sole stiracchiasse i suoi raggi per allungarli sulla terra. Una visita a Varanasi non può prescindere dal passaggio in barca sul fiume Gange, proprio per vedere l’alba di un nuovo giorno sorgere dalle acque del fiume sacro. Questa città leggendaria ed antichissima è anche una delle città sante per Induisti, Giainisti e Buddisti. Qui, dalle scale (i Ghat) che conducono verso il fiume sacro, migliaia di fedeli ogni giorno scendono verso le acque torbide (e anche parecchio sporche) per compiere il loro rito purificatore. Lungo le rive del fiume, sulla terraferma, crescono come funghi i forni crematori. E’ incredibile la visione al mattino prestissimo della gente che si cala nell’acqua, si immerge totalmente (per purificarsi), a volte la beve, mentre sullo sfondo i camini dei forni rilasciano nell’aria la cenere di ciò che un tempo è stato mortale.
Mumbai, già nota come Bombay. Che poi perché le hanno cambiato il nome, che a me Bombay piaceva molto di più… A Mumbai siamo arrivati alla fine del nostro soggiorno in India. Dopo aver visto per lo più paesini sperduti nella campagna, templi incastonati nella natura più verde che si possa immaginare e caos rurale, questa metropoli mi è parsa una sorta di nota stonata nel contesto indiano. Cosmopolita, vivacissima e ancora più caotica di quello che avevo avuto modo di vedere fino ad allora, ricordo Mumbai per alcuni elementi salienti: la Porta dell’India, proprio di fronte al Taj Mahal Palace in cui abbiamo pernottato, prospiciente il mare. Un’accozzaglia di gente ed etnie di tutti i generi che qui bivaccano, chiedono l’elemosina, si scattano foto, si scambiano baci. Questa è il simbolo della dominazione inglese, un monumento alla visita di Giorgio V, rimane adesso a guisa di ricordo triste e imponente di ciò che è stato e non sarà mai più. Il Museo Mani Bhavan Gandhi, sito nella casa del Mahatma, un luogo dove ho scoperto la semplicità della vita condotta da Gandhi, le attività che svolgeva quotidianamente, dove dormiva. Un’intrusione in punta di piedi nell’ambiente ovattato e dimesso in cui un grandissimo uomo ha lavorato per le sorti del suo Paese. E poi i Giardini pensili di Feozeshah Mehta, accoccolati sulla collina di Malabar Hill, sono un luogo di pace e silenzio in cui volentieri ci siamo ristorati dopo aver trascorso ore nel traffico e nel rumore della metropoli. La vista sulla città, da qui, è impagabile. Infine, il Chhatrapati Shivaji Maharaj Vastu Sangrahalaya, precedentemente conosciuto come il Museo del Principe di Galles dell’India dell’Ovest, questo museo è uno dei più importanti e dei meglio gestiti di tutta l’India. Vi si posso ammirare collezioni di arte contemporanea, storia antica dell’India, sculture, arti decorative e molto altro ancora. Se decidete di visitarlo, mettetevi scarpe comode, il museo è immenso e troppo prezioso per non visitarlo da cima a fondo.
Avrei molto di più da dire sull’India, sulle emozioni e sulle sensazioni incredibili che mi ha trasmesso. Forse lo farò, prossimamente. Per ora mi fermo qui.