Lo shopping è una delle attività che, dicono, più sia di aiuto per rilassarsi. Almeno per noi donne. Non generalizziamo, a qualcuna non piace. Ma sono rare, un pò come i koala albini che puntualmente, poveri loro, vengono messi in disparte dai loro simili di color grigio topo. Comunque, a me andare in giro per negozi, da sola, è sempre piaciuto molto. La pensavo come un’attività fisica adatta a pochi, in termini sia di resistenza che di pazienza. Ed anche un ottimo modo per bruciare calorie, soprattutto a fine sessione, quando i pacchi trasportati raggiungono la capacità di un camion rimorchio a pieno carico.
Dalla nascita delle Gem le occasioni per fare spesucce e giri di negozi si sono assottigliate in modo direttamente proporzionale allo spessore dei miei capelli. Non che non sia più uscita del tutto, questo no. Però il tempo che prima veniva calcolato in ore o mezze giornate, ora è diventato uno slot temporale inferiore all’ora piena. Con ottime ripercussioni sulla teoria brucia-calorie: meno tempo, stessa quantità di negozi, medesime necessità, anzi bisogni raddoppiati = maggior dispendio di calorie. E anche di sostanze pecuniarie, a onor del vero. La cosa divertente e un pò tragicomica è che se prima spendevo 100 per me, adesso la spesa è raddoppiata a 200, con la proporzione di 180 per loro e un misero 20 per me. Ma quel venti, lo devo dire, è una percentuale di qualità. Bando alle piccolezze e alle cavolatine inutili, adesso vado dritta al sodo. Cose utili, belle, necessarie.
Non esco spesso con loro per fare acquisti. Quando capita lo faccio sempre in compagnia, con qualcuno che mi dia una mano. Che esca dai negozi con le Gem, che dopo poco cominciano a lanciare grida di richiamo che nemmeno i cervi nella stagione degli accoppiamenti fanno altrettanto rumore. Sabato, complice il bel tempo e un pizzico di insana follia, ho deciso di andare a comprar loro i piumini necessari per sfidare il rigore dell’inverno prossimo venturo. Giacché quelli dell’anno scorso potrebbero andare bene alle Barbie che ancora non hanno, vista la crescita esponenziale che hanno subìto in questi mesi.
Munita della necessaria pazienza e di coraggio, caricato sulla macchina il passeggino e le bambine, partiamo alla volta del negozio. Arrivata in zona, parcheggio, rimonto il passeggino con i passanti che guardano incuriositi questa insolita spider a due posti e scarico le bambine, parcheggiandole ai loro rispettivi posti di comando. E qui cominciano le solite domande, i soliti commenti, le solite frasi fatte “sono sue?” (no, le ho trovate all’angolo della strada, se si affretta ne trova altre), “carini, due maschi vero?” (no, sono due bambine, ma il passeggino nei toni del rosa non ti dice proprio niente eh?!), “poverina, chissà come fa!” (poverina lei, signora, che ha la mentalità ristretta di chi ha appena ingoiato un limone intero), e via discorrendo.
Entriamo nel negozio e mi fiondo verso il reparto abbigliamento, visto che una delle due dopo appena cinque minuti aveva già cominciato a dare segni di cedimento. Apro una parentesi: da che hanno imparato a camminare non vogliono più stare sul passeggino. Non lo tollerano proprio. Si irrigidiscono tutte, puntano i piedi, tentano di sfilare le braccia dalle fettucce di protezione, inarcano la schiena, emettono urla sincronizzate come lottatori di sumo.
Ad ogni buon conto, la commessa ci conosce e mi propone di sistemare il tir in un angolo ampio e, dopo aver ricevuto la mia richiesta, comincia a lanciare le varie tipologie di piumini sul bancone alla velocità dello Sputnik buttato nell’etere. Elencandomi professionalmente tutti i prezzi in sincronia coi lanci effettuati. Nel frattempo, le due pesti non vogliono proprio più rimanere dove sono, per cui decido di farle scendere, assicurandomi che le porte del negozio siano tutte sprangate, per evitare possibili tentativi di fuga. E così, mentre tasto la consistenza e la morbidezza dei vari modelli, perdo un secondo di vista Veronica. Che prontamente si è lanciata nell’angolo più a portata di sgambettamento e ha cominciato a smontare l’espositore delle mutande a rete post-parto. Non solo, dopo averne tirato giù alcune confezioni, immediatamente infilate in bocca, ha pensato bene di ribaltarlo tutto. Risultato: scatole e confezioni sono volate ovunque in una nuvola di polvere e pulviscolo di dubbia origine. Subito sono arrivate non una, bensì altre due commesse, che hanno tentato di acchiappare al volo Ludovica che nel frattempo aveva pensato bene di dirigersi nel reparto passeggini. In un turbinio di urla gutturali e suoni di ogni genere.
Il dramma, se si può pensare che ci sia peggio al peggio, è stato quando ho dovuto provar loro i piumini scelti. Veronica, stranamente stoica e calma, se l’è fatto infilare senza verbo proferire, pavoneggiandosi pure davanti allo specchio. Ludovica no. Lei ha deciso di dover calzare la parte del diavoletto senza ritegno: calci, urla, pianti isterici e Dio solo si ricorda cos’altro. Vane le mie minacce. Vani i tentativi delle commesse che nel frattempo avevano raccolto chissà dove un intero bancale di giochi di tutti i tipi per placarla. Inconsolabile e tremenda…
Va da dire, a sua parziale discolpa, che nel negozio c’erano circa 40 gradi e che la piccola, già parzialmente sudata, dopo l’investitura del piumino adatto a climi rigidi stile Polo Nord non solo sudava, ma stava decisamente perdendo preziosissime riserve d’acqua. Mentre la sorella, non contenta di aver smontato una parte del negozio, si era recata nella stanza attigua e aveva cominciato a lanciare in giro le confezioni di cappellini e guanti. Disseminandoli ovunque. Non vi dico il mio enorme, incredibile imbarazzo. Mai avrei pensato che non sarei riuscita a gestire due scriccioli. No, invece in quella mezz’ora soltanto trascorsa nel negozio, ho letteralmente sudato sette camicie. Dopo aver scelto i piumini, risistemato le recalcitranti ragazze sul passeggino (dove per amor di cronaca non volevano assolutamente essere rimesse), pagato la merce, mi sono buttata fuori a tutta velocità. Salutata calorosamente dalle commesse che, ne sono sicura, appena sono uscita avranno condiviso un mezzo cicchetto a testa di qualcosa di forte, per riprendersi dalla fatica.
A me questo episodio ha insegnato due cose: la prima è che mai più andrò in un negozio a comprare per loro da sola. Mi farò sempre accompagnare, almeno finché non saranno più facilmente gestibili. La seconda è che certi eventi e certe figuracce, moltiplicate per due, sono esperienze tutto sommato divertenti e servono per il futuro. Sì, servono al bagaglio di ricordi imbarazzanti che tirerò fuori davanti ai loro amici quando le ragazze saranno più grandi.