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Ma questa è guerra?

Sì, siamo già in guerra, e da un bel pò. Siamo in guerra da quando gli Americani e i loro migliori alleati ficcanaso, i Francesi, hanno deciso di mascherare il loro spirito colonialistico atavico ergendosi a paladini della giustizia e della solidarietà. Da quando gli Americani e i Francesi, buoni e giusti e caritatevoli, hanno deciso che Muʿammar Gheddafi, là dov’era, non doveva più starci. In nome di una presunta liberazione del popolo libico. Liberazione di facciata, interessi economici a fondamenta. Siamo già in guerra e prima ce ne renderemo conto, meglio sarà per tutti.

Credits: Rodrigo Abd/Associated Press/World Press Photo
Credits: Rodrigo Abd/Associated Press/World Press Photo

Questa mattina alla radio ho sentito le breaking news cinguettare che i Francesi, a seguito dell’attacco terroristico di venerdì sera/notte, hanno portato un regalino alla Siria, bombardando a mò di rappresaglia la città di Raqqa. Decine di bombardamenti aerei sulla “capitale dell’ISIS”. Con bombe ben infiocchettate e con un messaggio di auguri: “dalla Francia, con amore”. Ma io mi chiedo: se sapevano che una sorta di quartier generale dell’ISIS si trovava lì già da tempo, per quale motivo aspettare che succedesse una tragedia come quella di venerdì notte? L’intelligence, nel frattempo, cosa faceva? Dormiva? Giocava a carte con i produttori di bombe e armi e strumenti di morte? Prendeva accordi per cosa? Temporeggiava per cosa?

Ah, il potere degli interessi economici! Qui non si tratta più di guerra tra infedeli, ché la religione in questo caso non c’entra assolutamente nulla. I poveretti arruolati come kamikaze, come bombe umane pronte a farsi esplodere, quelli sì che possono ancora credere di farlo in nome di Allah. Per liberare il mondo dalle impurità, dagli infedeli, dai miscredenti. Dalle Babeli di comportamenti impuri e non conformi alla religione. No, non si tratta di guerra di religione. Si tratta di puri, semplici, meri e schifosi interessi economici. Si tratta di petrolio. Si tratta di restituire alle aziende produttrici di armi e bombe e altri gingilli mortali il favore dei voti ricevuti in campagna elettorale. Tutto qui. Niente di così aulico e trascendentale. Solo interessi economici. Punto.

E a farne le spese sono i poveracci, la gente che per campare si spacca la schiena, le donne con i bimbi piccoli ancora in fasce, i vecchi, i più deboli. A farne le spese siamo noi, che dagli interessi economici comunque non ricaveremo mai niente. Se non il vivere nel terrore: di non sapere se, usciti di casa, ci ritorneremo interi. Nel terrore di far crescere i nostri figli in un mondo impazzito dove l’unica certezza è quella della paura e dei coltelli e delle bombe. A farne le spese è, cosa ancora più grave, la nostra libertà.

Ci sono senza alcuna ombra di dubbio interessi che non conosciamo, dinamiche già prestabilite, risposte già date. E non si tratta solo di una fantomatica teoria del complotto. Quella va bene per uno come Adam Kadmon. Che spara ca****ate in TV e ci ha pure scritto un libro. E noi pecorelle dietro, belanti e sorridenti, che leggiamo spiegazioni, facciamo finta di sapere, diciamo la nostra. La realtà è che noi, poveri ignoranti, la verità non la conosciamo e non la conosceremo mai.

Con buona pace comune, di tutti. Che di domande vere e utili non ce ne facciamo. Lasciamo che siano gli altri a farle per noi. E a darci le loro risposte, che sono sempre quelle che vogliamo sentirci dire. Ma che non corrispondono a realtà.

E quindi, non stupitevi se, dopotutto, a titolo di responso ci bastano le seguenti: Allah Akbar, Vive la France e God Save the United States of America.

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