Poi ci penso e più me ne convinco: l’ufficio è, a tutti gli effetti, una seconda casa. Anzi, a volta è addirittura la prima abitazione, se si pensa a quanto tempo uno ci trascorre dentro. E ai tessuti sociali più o meno fitti che si intrecciano giorno dopo giorno. Ma ci sono uffici e uffici. Quelli dove preghi di non dover entrare (e tornare). Quelli che speri vengano spazzati via da un black-out o dalla piena del Po. E quelli dove, tutto sommato, non ti dispiace rientrare “any given day”.
Ecco, io mi ritengo fortunata. Il mio attuale micro-cosmo appartiene all’ultima categoria. E, se è vero che non esiste il lavoro (né l’ufficio) perfetto, beh ci sono delle situazioni di confine che aiutano. Parecchio anche.
È questa immagine ne è la prova.