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Pasqua di rinascita?

4 volte, sempre la stessa storia. Quattro persone care che se ne sono andate poco prima di Pasqua. Tutte soffrendo. Tutte lasciando un vuoto senza fine. L’unica fine che puoi ricordare è quella della pseudo-serenità. Ero in Kenya la scorsa settimana. Chiamo a casa per la consueta telefonata di aggiornamento e la notizia mi colpisce come un pugno nello stomaco: Beppe è stato ricoverato. Beppe, mio zio, il mio padrino, il mio secondo papà. Un uomo buono, burbero a tratti, ma leale, generoso, dolce a suo modo, sincero, mai scurrile.

 Un uomo che ha vissuto un calvario lungo e doloroso senza mai lamentarsi. Senza mai farlo pesare. Sempre pronto ad ascoltarmi ogni volta che lo chiamavo. Un papà bis degno di menzione. Un papà per ruolo. Un ruolo che ha svolto, con impegno e amore, fino alla fine. Un papà bis che Dio mi ha dato. E che Dio mi ha tolto. Un vuoto che è come un infinito tunnel senza fine. Un dolore sordo, silenzioso, bastardo, che ti pesa proprio lì, al centro del petto. E fai fatica a respirare, a deglutire, a pensare. Un dolore che non volevo riprovare mai più. Quando ti svegli di notte e ricomincia a pulsare e sai, lo sai per certo, che non passerà, che non riuscirai a dormire di nuovo. Puoi solo aspettare. Che si attenui un po’. Che la vita, questa vita maledetta che ancora hai da vivere, ti ridia un tanto al chilo di serenità. Di pace. Che il tempo lenisca il dolore, rendendolo meno acuto e più latente. So che accadrà. L’ho già passato. 

Provo una rabbia furiosa. Per non essere stata con lui, per non averlo chiamato mentre ero via, per non avergli detto spesso quanto gli volevo bene. Quanto era importante per me. So che lo sapeva, ma sarebbe stata cosa buona e giusta dirlo ancora e ancora. E adesso non posso più farlo. Guardo le mie figlie e penso a quanto lui le amasse. A quanto era felice quando andavamo a trovarlo e a mettergli la casa a soqquadro. A quanto adorasse sentirle ripetere il suo nome. 

Beppe perché mi hai fatto questo? Perché ci hai lasciati? Perché? Mi sento morire, dentro. Ogni morte è un pezzo di me che se ne va per non tornare mai più. 

Ti voglio bene, Beppe. Te ne ho sempre voluto. Là dove sei ora, non soffri più. Ed è una consolazione, tutto sommato. Sei stato un grande padre, per me. Hai fatto un ottimo lavoro. Non lo dimenticherò mai. Ti voglio bene. 

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