Ci sono cose che non vorresti mai vedere, eppure non le puoi evitare. Per quanto tu cerchi di scamparle, correndo come in una corsa ad ostacoli, cadendo e rialzandoti, quando ti guardi indietro vedi che i tuoi peggiori timori e le tue paure sono lì, a pochi passi. E non puoi fare niente. Puoi solo fermarti, farti investire, andare come in apnea e, poco a poco, risalire sulla superficie.
Ho in mente questa scena. Una scena che non troverà mai un posto nell’oblio della memoria. Potrà finire nel cassetto dei ricordi latenti, forse, ma non scomparirà mai del tutto.
A maggior ragione adesso che sta per arrivare l’odiato giorno della ricorrenza. Il doloroso giorno dell’anniversario. Di un anniversario che non vorresti mai ricordare, eppure c’è. E’ lì. Sotto la sabbia, pronto a schizzare fuori come un serpente.
E la scena, oggi e nei prossimi giorni più che mai, mi si ripresenta continuamente. Ronza, si infila subdola tra una chiacchiera e un sogno.
Il ragazzo è elegante come sempre, compreso nel suo ruolo. Sa che ora tutto è sulle sue spalle. Ha lo sguardo fisso davanti a sé, saluta compito chi gli stringe la mano, abbozza un sorriso. E so, lo so!, che quel sorriso gli costa uno sforzo indicibile. So che l’unica cosa che vorrebbe sarebbe quella di trovarsi da solo, sulla sua macchina, a sfrecciare più veloce che può. Senza quasi badare ai limiti, alle curve, a chi gli scorre di fianco. Vorrebbe solo che la giornata finisse, più in fretta possibile. Ma non può essere così e quindi incassa le spalle, gravate da un fardello che non vorrebbe e non dovrebbe portare. Non ora, per lo meno. Alza le spalle con quel tic appena accennato che gli esce fuori quando è nervoso. Quando non è a suo agio. Dice “Andiamo?”.
E mentre lo dice, prende in mano una piccola cassa. La tiene con entrambe le mani. Come si terrebbe un bambino appena nato, con quel misto di delicatezza e di stupore, leggermente protesa in avanti. La tiene a distanza, la scatola. I suoi passi sulla ghiaia sono lievi e un filo strascicati, gli occhi fissi guardano nel vuoto, le mani strette sulla scatola. Così strette che, mentre le guardo, vedo quanto sono bianche le nocche. Sembra quasi che le mani stiano trasportando un peso indicibile. E so che non è così. Non è il peso dell’involucro, ma quello del futuro che la rende così greve.
La lontananza sai è come il vento
che fa dimenticare chi non s’ama
è già passato un anno ed è un incendio
che mi brucia l’anima
io che credevo di essere il più forte
mi sono illuso di dimenticare
e invece sono qui a ricordare
a ricordare te.