Cacciatore in agguato. Questo, in buona sostanza, il significato del termine mutuato dalla lingua inglese stalker. Purtroppo, care amiche, sono sicura che a tutte voi sia capitato di imbattervi in un essere così. Certo, esistono anche donne asfissianti, eccome se ce ne sono, però in numero infinitesimamente minore.
Si nasconde dappertutto lo stalker: dietro il sorriso di un ex fidanzato, tra le pagine del quotidiano che un compagno di viaggio in treno sta leggendo e anche, anzi soprattutto! in rete. E, vi assicuro, sono pericolosi e molesti tanto quanto quelli summenzionati più tradizionali.
Immaginate di far parte di un gruppo su FB, PippoPluto&Friends, per esempio. Immaginate di avere numerose amicizie reali e virtuali all’interno di questo gruppo. Ora pensate alla possibilità di ricevere, da un membro dello stesso gruppo, amico di vostri amici reali e/o virtuali una richiesta di amicizia. Che fate? Controllate il profilo, scrutate le foto che ha postato, leggete i commenti, scandagliate attentamente tutti i suoi amici, uno ad uno, contando quelli che ha in comune con voi. Finché pensate che sì, sembra una persona normale, a posto, e accordate l’amicizia.
Lui comincia a scrivere su Messenger e non ci fate caso, lo fanno in tanti. Un saluto, un buon pranzo, un augurio di buona giornata. Voi rispondete, perché non c’è niente di male nel ricambiare un saluto. Poi i messaggi diventano 2, 3, 5, 10 al giorno e allora capite che c’è qualcosa che non torna, che sono un po’ troppi. E così smettete di rispondere. Anche se vi hanno insegnato che è maleducazione non salutare. Ma nella realtà virtuale chi ci fa più caso? In fin dei conti, è una “realtà” parallela. Poi capite che quei contatti non sono così “normali” perché dal nulla cominciano a trascendere. I complimenti si fanno pressanti (e sgraditi), le richieste troppo dirette ed esplicite. E allora, l’unica soluzione possibile è cancellare l’amicizia e bloccare l’essere.
Se non fosse che lo stalker è molto, troppo furbo e i vostri amici molto, troppo idioti. E così, qualche giorno dopo aver pensato di esservi liberate della piaga, ricevete un messaggio su WhatsApp. WhatsApp? WTF? E come cavolo l’ha trovato il fottuto numero di cellulare personale? Come? La risposta è semplice: qualche coglione di cui non saprete mai il nome, ma poco importa, gliel’ha passato. Risponderete con calma e gentilezza la prima volta, asciutte e poco garbate la seconda, finché non gli chiederete espressamente di NON scrivervi più. Da lì al non rispondere del tutto, a ignorare, il passo è breve, un lampo.
Peccato che lo stalker sia molto, troppo furbo. E cominci a rendervi la vita impossibile, invivibile, che vi faccia sentire colpevoli perché, comunque, avete risposto, no? Avreste potuto ignorare da subito, no? E invece, per quella cacchio di educazione militare che vi hanno imposto sin da piccole, rispondendo per pura cortesia, avete innescato il mostro.
Che dai complimenti passa alle richieste spinte. E vi atterra in pieno stomaco con le minacce. Scoprirò dove abiti. Racconterò un sacco di cose a tuo marito (ma quali, per Dio?????). Io non avrò quello che voglio, ma tu arriverai al divorzio. Te lo giura, addirittura, sulla tomba della madre morta. E, mi vien da dire, da qualcuno sarà stato educato lo stalker… Qualcuno che ha colpa tanto quanto lui. Se non di più.
In casi come questi, amiche mie, ci si rende conto di quanto i problemi debbano forzatamente essere affrontati da sole o con l’aiuto di un angelo, magari il vostro migliore amico.
Mentre piangerete, penserete senza alcuna ombra di dubbio che, forse, in fondo in fondo, la colpa è stata tutta vostra. Che ve la siete cercata. Che essendo state gentili ed educate siete voi ad aver innescato il meccanismo. L’avete pur sempre incoraggiato!
Io vi dico che NO, non è così. Molti uomini (amici, parenti, forse il vostro stesso marito o fidanzato) proveranno a farvi sentire colpevoli, perché questo schifo di società maschilista così vuole e così ha sempre fatto. Invece NO. Questo NO urlato che sale dapprima come un rantolo e poi si trasforma in ruggito deve essere il vostro, il nostro grido di battaglia per continuare a far valere i nostri diritti di donne, libere di ricambiare un saluto, per educazione. E altrettanto libere di dire “lasciami in pace” quando il saluto trascende in una vera e propria violazione dell’intimità e della propria sfera personale. Reale o virtuale che sia.