Focus sui bimbi

17 novembre: Giornata Mondiale della Prematurità

1245115incubatriceTu lo sai com’è un bimbo prematuro? Sai quanto può arrivare a pesare? Lo sai che molti bimbi pre-termine non riescono nemmeno a respirare da soli, ma hanno bisogno dell’ossigeno? Lo sai che l’ossigeno terapia può renderli ciechi?

Per una mamma che vive una gravidanza nella norma, il termine prematurità è un’eco remota. Una parola che sa esistere, ma non comprende appieno. La prematurità affligge indifferentemente le gravidanze singole e quelle gemellari. Quelle gemellari un po’ di più perché i gemelli non nascono mai a termine, ma vengono sempre accompagnati nel mondo con alcune settimane di anticipo. Io le mie Gem le ho partorite alla 31esima settimana + 2 giorni. Che tradotto significa di 7 mesi giusti giusti.

Questa, comunque, non è una gara a chi ha visto di peggio. Non è una competizione a chi ha sofferto di più, patito di più, pianto di più. Non lo è. Ribadisco e ripeterò fino alla nausea: fortunate quelle donne che hanno sfornato figli alla quarantesima settimana, giorno più giorno meno, senza nemmeno accorgersene. Fortunate quelle mamme che in mezzora hanno dato alla luce i loro piccolini, grassottelli al punto giusto, capaci di respirare, muoversi, vedere, mangiare.

Le mamme che hanno avuto figli pre-termine certe cose non sanno proprio cosa siano. E forse non lo sapranno mai. La tua gravidanza è una prigione: sei incinta, a casa, a riposo. Non puoi uscire, non puoi fare le scale, non puoi fare sforzi, figuriamoci farti un weekend fuori. Sei una specie di mummia imbalsamata che niente può, tranne leggere e guardare la TV. E, ve lo assicuro, dopo mesi e mesi che fai solo quello daresti qualsiasi cosa per correre! Lo sport più estremo che fai è quello di alzarti dal divano per passare al letto o, tutt’al più, andare in bagno.

Sei ligia alle specifiche del tuo ginecologo.

Poi, però, succede. Succede che alzandoti da un giaciglio per andare verso l’altro le membrane si rompano. Un fiume di sangue cancella in un attimo ogni tua speranza di farcela, nonostante tutto, ad arrivare alla fine. Qui vince chi arriva per ultima e tu, invece, hai perso.

La corsa in ospedale, il cesareo d’urgenza, l’anestesia spinale che ti paralizza dalla vita in giù. Le bimbe che ti sfrecciano davanti alla faccia per pochi secondi.

Non fai nemmeno in tempo a scrutarle bene, a distinguerle l’una dall’altra, che già te le hanno portate via. E poi le settimane d’ospedale, tu da una parte, loro in TIN. Tu al tiralatte, loro nelle casette a vetri del reparto immaturi. Tu che vedi mamme arrivate alla quarantesima settimana che sfilano allegre verso casa, dimesse tre giorni dopo il parto. E tu che rimani lì. E pensi che forse, a casa, non ci tornerai mai.

I bimbi prematuri sono speciali. Non solo perché nascono prima del termine previsto dalla natura. Ma soprattutto perché sono guerrieri. Aggrappati alla vita con le loro manine esili, le gambine sottili, gli occhi stretti forte forte, come in preghiera. I bimbi prematuri sono speciali. Perché imparano da subito ad essere indipendenti. Il contatto con la mamma ce l’hanno col contagocce. A ritmi cadenzati decisi da altri.

Imparano a fatica a respirare, a deglutire, a superare la loro prematurità. Ma, quando ce la fanno, capisci che sono speciali. Sì, lo capisci.

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