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Le bambine mordono! Perché? Il parere dell’esperta

La prima volta è stato uno choc. Stavamo giocando e Veronica mi ha assestato un poderoso morso sulla coscia. Un dolore che non sto a descrivermi, potete ben immaginarlo. Due file di dentini acuminati che si piantano nella carne, senza preavviso, lasciando un solco ben visibile anche attraverso la stoffa. L’ho subito sgridata con fermezza. La seconda volta è stato il turno di Ludovica, che ha pensato bene di addentare la spalla. Ok, ho pensato, c’è qualcosa che non va. Ho cominciato a pormi mille domande e a cercare una risposta univoca. Siccome, però, questa è la mia prima esperienza da mamma, benché doppia, non sapendo trovare un filo logico al loro comportamento, ho deciso di intervistare un’esperta in materia e di sottoporre a lei tutte le domande che sono fiorite nella mia testa.

foto-bimbo-morsica3-14404_238x196Ha risposto la Dottoressa Elena Laura Tibiletti, laureata in Scienze dell’Educazione, un master in Pedagogia Clinica, attualmente coordinatrice di un asilo nido e socia amministratrice della cooperativa Avalon, oltre che Pedagogista Clinica presso lo Studio Clinico Il Fiore di Manipura.

Parliamo dei morsi

Fin da quando è nel pancione, uno degli organi più usati dal bambino è la bocca. Oltre a nutrirsi, il bambino morde per scoprire quello che lo circonda, mentre già dai sei-otto mesi di vita, porta tutto alla bocca per scoprire gli oggetti e riconoscerne forma, sapore e odore. Con il passare del tempo, i bambini possono mordere quando vivono una situazione spiacevole, ma bisogna ricordare che il controllo del loro corpo migliora parallelamente allo sviluppo del sistema nervoso e che quindi anche una carezza mal calibrata può diventare una sberla, pur se l’intenzione era completamente diversa. La reazione degli adulti a queste situazioni può determinarne l’incoraggiamento o lo scoraggiamento dei comportamenti. Verso l’anno di età, il grado d’intenzionalità aumenta. Il piccolo incomincia a capire che mordicchiando riesce ad attirare la simpatia di mamma e papà; crescendo può utilizzare il morso per attirare l’attenzione degli altri su di sé.

Mordere vuol dire comunicare

In questo caso dunque la sfida educativa è quella di trasmettere dei modelli di comunicazione che sono socialmente accettabili, permettendo però al bambino di esprimere le difficoltà o i sentimenti. In caso contrario, il livello d’intenzionalità aumenta. Verso i due-tre anni, il gesto di mordere diventa un modo deliberato per esprimere i propri sentimenti, come la rabbia, per intimidire i coetanei o anche solo per esternare gioia e piacere. In tutti questi casi si tratta di forti emozioni difficili da controllare per un bimbo piccolo. Ricordiamo che anche un bacio impetuoso può diventare un morso. Quel che c’è da sottolineare, però, è che il morso è un gesto poco accettato nell’ambiente e il bambino che lo procura viene spesso isolato. E’ importante ricordare che l’aggressività è innata nell’essere umano, e poco dopo l’anno , l’ancora recente abbandono delle pappe e il progressivo svezzamento a cibi solidi ha incoraggiato, nel bimbo, l’uso dei denti e dei morsi.

E se lodiamo il bimbo perché mastica e mangia a tavola, come mai mordere, fuori dai pasti, è cosa da non fare? Va inoltre considerato che, a quest’età (verso l’anno), il bambino non è ancora in grado di discernere il bene dal male, non è ancora consapevole dei pericoli, né, tanto meno, è in grado di prevedere gli effetti del proprio comportamento.

A tutto questo aggiungiamo che lo sviluppo linguistico, in questo periodo, è ancora abbastanza ridotto, sta comparendo ora la frase ma il vocabolario è ancora modesto: come fare a esprimere a parole tutto ciò che si prova giocando con la mamma? Giocando con gli amici?

Si tratta quindi di una forma di linguaggio?

Possiamo dire che intorno ai due anni il bambino comincia a comunicare anche attraverso i morsi. I bambini che ancora non parlano o che comunque parlano ancora male, cominciano a comunicare rabbia e frustrazione mordendo. Se noi per prime proviamo ad immaginare  di essere molto arrabbiate, oppure di essere contrariate da qualcosa e non aver la possibilità di dire “Basta!!” “No!!” e, soprattutto, di poter trasmettere all’altro i nostri  sentimenti, riusciamo anche a comprendere maggiormente il perché il bambino e la bambina utilizzano questa modalità. E’ una sensazione molto spiacevole e frustrante.
I bambini, in questo periodo , spesso non hanno ancora trovato un’alternativa valida all’esprimere la loro rabbia/frustrazione e, soprattutto, non hanno la piena consapevolezza del dolore che viene provocato mordendo.

Esiste un  piccolo esercito di morsicatori che spesso colora le giornate di genitori ed educatrici. Fasi di crescita ma non solo, spesso è la storia personale di ogni bimbo a permettere una spiegazione esaustiva alle azioni, per le quali cerchiamo risposte. Certi atteggiamenti sono più o meno tollerabili in relazione al contesto nel quale si manifestano.

All’interno di una comunità, frasi  come“Attenti lui/lei morde!!”, racchiudono molto più di un semplice messaggio, esse rappresentano  una presentazione, una qualificazione sintetizzata attraverso un solo verbo. Eppure quel lui/lei è attore di tanti altri potenziali comportamenti, in più morde. Allarmismi, rimproveri e rinforzi negativi, il risultato spesso è solo agitazione e paura, soprattutto quando il gesto da isolato diventa ripetuto nel tempo e cronico, allora l’intervento dell’adulto è finalizzato a salvaguardare le piccole vittime. Ma la vittima non sempre è una sola, proviamo ad immaginare non due attori ma tre: chi subisce, chi agisce e “la causa”. Il bambino aggressivo tanto quanto quello in piena fase orale, utilizzano un canale “socialmente intollerabile” perché “fa male”, ma siamo certi che egli sappia sempre cosa si intende con “fare male”?

E’ inutile, anzi, dannoso etichettare un bambino di due anni che morde come”cattivo” pur esistendo, ovviamente, limiti che separano la normalità dall’aggressività.
Ciò che è di fondamentale importanza è infondere al bambino l’idea che mordere è sbagliato, provoca dolore e, soprattutto, fornirgli alternative.

Cosa fare, allora, quando il bambino morde?

Quando il bambino morde, è utile dirgli NO! Mostrare il segno dell’orologio sul braccio dell’amico o dell’adulto che ha ricevuto il morso, far vedere la reazione di pianto, dolore e anche frustrazione  di chi quel morso lo ha ricevuto.
Mostrarsi ferme, senza però aggredirlo a nostra volta. Dunque mostriamogli le conseguenze del suo gesto spiegandogli con parole semplici che comprendiamo il fatto che sia arrabbiato ma che è possibile agire in modo diverso. Diamogli l’opportunità di capire che esistono alternative, spiegando in modo pratico quali sono (per esempio, se morde un altro bambino che gli sta portando via  il gioco, diciamogli che  può chiedere aiuto, può allontanarsi dall’amico, può andare da un adulto, può provare a dire di NO , e se ancora ci sono poche parole nel suo vocabolario può essere l’adulto a dare voce al suo sentire: dì al tuo amico che lo stavi usando tu, che non vuoi dargli l’oggetto…).

Si può dunque suggerire  al bambino dei comportamenti alternativi e degli oggetti che invece si “possono” mordere, come cuscini, fazzoletti, giocattoli in legno, ecc.

E’ importante evitare di commentare gli episodi legati ai morsi in sua presenza: per lui non esiste differenza fra attenzione negativa o positiva, si sentirebbe incoraggiato a continuare.

Cosa, invece, non si deve fare?

Evitare  di ridere o di stare al gioco, e fare in modo che anche le persone che stanno intorno al bambino o lo accudiscono si comportino come voi.

Ricordiamoci, in ogni caso, che non si pone MAI fine all’aggressività con altra aggressivitàUrlare, usare le mani, far provare il dolore di un morso  non sono soluzioni.

Quale senso può avere vietare un comportamento compiendolo? La coerenza educativa viene a mancare e confermerebbe nel bambino l’idea che il morso serve a far valere i propri diritti e che chi morde è il più forte.

E’ utile invece lodare indirettamente il bambino che non morde più per un po’ di tempo con frasi che gli permettano di capire le conseguenze delle sue azioni (per esempio, “Che bello quando due bambini non si mordono giocano bene insieme). In ogni caso ricordiamoci che questa è solo una fase transitoria.

E’ importante ricordare che solo in rarissimi casi il mordere è causato da affezioni patologiche, presentandosi come autolesionismo, e soprattutto, all’interno di un quadro sintomatologico preciso, associato ad altre peculiari problematiche.

Di che affezioni patologiche stiamo parlando?

Per sensibilizzarne l’interesse, ricordiamo due tipici casi in cui si potrebbe riscontrare tale comportamento:

  • sindrome di Lesch-Nyhan (LND): malattia genetica, che causando un aumento dell’acido urico, inibisce il controllo volontario di alcuni comportamenti, incentivando l’autolesionismo. Ai morsi, indirizzati soprattutto a lingua, dita e mani, si associano deficit motori e cognitivi. Una ricerca effettuata in Italia stima una frequenza della malattia di 1 caso ogni 1.000.000 abitanti. (Tratto dal vademecum informativo dell’istituto malattie rare B.I.R.D. e Associazione “Mauro Baschirotto” Onlus).
  • sindrome autistica: molto più conosciuta, di natura neuropsichiatrica, induce all’autolesionismo il bambino che appare esplicitamente alienato e a caratterizzarlo è un evidente deficit socio-relazionare e comunicativo.

Dunque chi morde per patologie, non ha una finalità verso il mondo esterno, a differenza, del morso “quale comportamento evolutivo“, anzitutto indirizzato all’altro, oggetto o persona che sia.

Il morso lo si può considerare come un  modo distorto di comunicare, quindi è bene chiedersi quale sia lo stato d’animo che vi si nasconde dietro… Interessarsi alle emozioni e agli stati d’animo del bambino è il primo e più importante gesto perché questa fase trovi una fine.

 

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