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Non puoi avere un domani, se continui a pensare a ieri

ieriQuesta è una delle frasi che meglio mi rappresenta. Il tal Charles Kettering che la pronunciò per la prima volta, parlò di “domani migliore”. A me migliore o peggiore poco importa. Il punto sta nel domani, nel futuro.

La mia vita è stata punteggiata di avvenimenti, fatti, amicizie, episodi che mai ho vissuto nel momento. Ho sempre e solo guardato al passato. E, pensa un pò, al passato come l’isola felice perduta. Come la meta impossibile cui continuare a tendere, dalla quale avrei voluto ripartire. C’è stato un tempo in cui (accade tutt’ora ma molto meno), dimentica delle sensazioni negative che mi avevano pervasa o dei pianti a dirotto che mi ero fatta, rivivevo continuamente episodi del passato con una nostalgia da stringere il cuore. Con quella sensazione di peso opprimente, di solitudine soffocante.

Mentre ero incinta, mi successe molto meno, ma non ero comunque ancora completamente guarita dalla “ierimania”. Inevitabilmente, mentre ero rinchiusa nella prigione domestica, pensavo a quanto fosse bello (pazza!) prendere il treno tutte le mattine per andare al lavoro, scendere dal treno, scapicollarmi giù per i gradini che danno accesso alla metropolitana, sgomitare a suon di calci e manate per salire sulla metro, buttarmi fuori a tutta velocità per risalire in superficie. E la boccata d’aria appena fuori era un sorso d’acqua fresca, un pò come Dante con Virgilio che “salimmo sù, el primo e io secondo, tanto ch’i’ vidi de le cose belle che porta ‘l ciel, per un pertugio tondo. E quindi uscimmo a riveder le stelle“. Che di stelle, a Milano, alle 8 del mattino ce ne sono poche, ma rende benissimo l’idea. Il mio personale, quotidiano, inferno dantesco. La metropolitana Linea verde.

E ancora, sopraffatta dalla nostalgia canaglia di ciò che non c’era più, non passava giorno senza che pensassi al fatto che queste piccoline, che sarebbero nate (dovevano nascere!), non avrebbero mai conosciuto il nonno. Il mio papulo. Anche lui era, ed è ancora oggi, una visione stravolta di come era in realtà. Una brava persona, per carità. Ma con un milione di difetti. Ma si sa, quando muore qualcuno, tutto il negativo passa in secondo piano e si ricordano solo le caratteristiche positive. Beh, non riuscivo a non pensare a quanto sarebbe stato pazzo di gioia all’idea di poter abbracciare le mie bimbe. Due nipotine! Quando seppe che mia mamma era incinta, mio papà affermava con decisione che lui voleva una femmina. Ero la sua gioia. Lo sarebbero state anche le mie tigrotte, se lui ci fosse ancora stato. Se lui fosse qui.

Questa mania del non vivere il momento, ma di ancorarmi al passato come una cozza agli scogli non la perderò mai, penso.

Anche l’altro giorno, al supermercato, pensavo a quanto migliore fosse fare la spesa nel piccolo Crai di Saronno, quando abitavo lì, piuttosto che l’Esselunga di Olgiate. Un luogo magico e amichevole, piccolo e confortevole, a misura d’uomo. Non la città-mercato in cui vado adesso. Quando stavo a Saronno, invece, pensavo a quanto mi mancassero i grandi supermercati di Torino, dove potevi trovare di tutto e di più, bastava svoltare l’angolo della corsia. E così via. Non è un bel modo di vivere, lo so. Ma sono fatta così.

Penso che, tra tutti i cambiamenti e gli sconvolgimenti che la gravidanza prima e la maternità poi causano nella donna, non mi abbiano toccato. Forse ho sbagliato a comunicare l’indirizzo. Forse dovrei richiamare il servizio clienti…

Certo è che, da quando ci sono le nane, ho molto meno tempo di pensare a ieri, ma anche a oggi o a domani. Penso alla frazione di secondo immediata e, talvolta, a quella immediatamente successiva. Qualsiasi cosa può accadere, da un momento all’altro. Nel poco, pochissimo tempo libero a mia disposizione, invece di cullarmi nei ricordi e nella mitizzazione del passato, la mia mente fa ZOT. Semplicemente, si spegne. Il cervello va in stand-by. E le immagini che passano, non sono quelle del salvaschermo del computer, nè la nebbiolina grigia delle TV di tanti anni fa. Semplicemente, si chiude nel suo bozzolo e non pensa, nè ricorda niente.

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