Noi donne siamo sempre in cerca del raggiungimento di qualcosa: dalla famiglia perfetta ai figli, dalla casa sognata alla carriera. Non per tutte è così, ma per tante. E non, ovviamente, in quest’ordine. Ma c’è qualcosa che accompagna per sempre l’universo femminile: la ricerca della perfezione imposta da canoni prettamente maschili che, nel corso dei secoli, si è modificata. Eccome se si è modificata. Quando guardo i dipinti del Botticelli o le immagini delle pin-up anni ’50 non posso fare a meno di chiedermi per quale motivo i canoni estetici, nel corso dei millenni e dei decenni sia cambiata così tanto. Certo, un tempo la donna bella era quella in carne, con proporzioni quasi simili ad un armadio da cucina: fianchi generosi, seno prosperoso, altezza, o bassezza che dir si voglia, rassicurante. La donna incarnava soprattutto l’immagine di un tempio. Un tempio che partoriva figli uno dopo l’altro, che doveva accogliere con dolcezza e sottomissione. Poi, con l’arrivo degli anni ’60 la misura ormai colma ha fatto sì che dal Vaso di Pandora scaturisse di tutto. Dal peggio possibile immaginabile al parossismo più assoluto. E allora via libera a gambe scoperte, braccia nude, pance di fuori, capelli selvaggi e libertà. Soprattutto la libertà. Di essere come meglio si vuole, di vestirsi come più piace, di atteggiarsi ad individui scevri da qualsiasi imposizione di sistema. I corpi mostrati allora, non troppo dissimili da quelli di oggi e di domani, mostravano con orgoglio seni acerbi o abbondanti, pance piatte o adipose, gambe snelle o tronchi d’albero. Poco importava, purché la donna in questione potesse fare quello che
più le piaceva. In nome di quella tanto anelata e decantata libertà che poi in realtà era solo l’ennesimo modo di conformarsi comunque ai dettami del periodo storico. Se ci pensate, infatti, la libertà assoluta insieme alla costrizione morale e di pensiero sono solo le due facce della medesima medaglia. In un caso o nell’altro, ci si adegua. Con poca buona pace di quelle che, nei vari periodi storici, non hanno potuto seguire la massa. Gli anni ’60 mi hanno sempre affascinato. Soprattutto in contesto americano. I figli dei fiori, le gonnellone ampie e morbide, i capelli lunghi con la riga in mezzo, le coroncine di fiori. La gioia sfrenata e “baccanalica” che pervadeva l’atmosfera. E le donne, discinte, libere, che seguivano i dettami dell’amore libero e dell’uso incondizionato di droghe. Che pensavano di avere il pieno controllo sulla loro persona e sulla loro vita. Che ritenevano di aver fatto passi da gigante verso la cosiddetta parità dei sessi. Mentre in realtà la loro libertà era apparentemente tale. Si trattava, invece, di un puro e semplice adeguarsi alla situazione, ai dettami della contro-società. Non di tutta, ma di una parte. Quella che tentava di stravolgere un sistema ormai scricchiolante, mentre invece l’unica cosa che stava facendo ero solo passare da una categorizzazione ad un’altra.
Non ho vissuto in quel periodo, ma penso che di positivo, se non altro, ci fosse il fatto che nessuno giudicava le donne per il loro aspetto fisico. E parlo ovviamente dei membri di una stessa comunità, giacché gli appartenenti ad opposta fazione, i reazionari, ovviamente non approvavano. Anzi, guardavano con un misto di orrore e paura. Ad ogni buon conto, arrivati ai giorni nostri, si è passati da un’immagine idealizzata della donna alla Cindy Crawford, snella ma non troppo, alta ma non troppo, bella ma in modo naturale. Ginnica, con i muscoli dove servono. Una donna bella, insomma, ma dalle proporzioni armoniose. I mitici anni ’80…. Scomparsi quegli standard i signori maschietti hanno deciso che in realtà la donna era meglio annullarla. Nel senso di renderla così eterea e trasparente che quasi si fa fatica a vederla. E’ noto come ormai lo stereotipo della donna perfetta presenti ragazzette efebiche, magre da far paura, costole e ossa in bella vista, seno quasi inesistente. E le adolescenti di oggi, ma anche molte donne che dovrebbero avere un pò di sale in zucca, corrono dietro quest’immagine spettrale alla ricerca della perfezione. Perfezione? Sulla base di cosa? Sulla scia di stilisti che impongono alle loro modelle la taglia 34? Sì, avete capito bene, la 34! Una taglia di mezzo, né da bambina né tanto meno da donna. Una taglia adatta ai manichini e forse nemmeno più a quelli. Fantasmi che camminano su gambette scheletriche con abiti appesi addosso che svolazzano cercando la sostanza di un corpo che non c’è. E’ l’annullamento stesso dell’identità di donna. E’ un insulto ai bambini del Biafra, ma anche a tutti quelli che non hanno un pasto da consumare in tutta la giornata. Poi cammini per strada e vedi che donne come quelle, in realtà, non ce ne sono poi troppe. Tranne alcune che, nella ricerca spasmodica della leggerezza e della magrezza, entrano nel circolo pericoloso e spesso senza ritorno dell’anoressia. E pensi a quanto scempio ha causato la cultura maschile di genere. A quanto idiote possano ancora essere le donne. Che proclamano la loro indipendenza, la loro preminenza, la loro forza. Salvo poi farsi assoggettare come brave bambine agli standard imposti dalla mentalità del maschio alfa. O forse no. Forse sono proprio le donne le peggiori nemiche di loro stesse. Tranchant nei giudizi che sputano come sentenze nei confronti di loro stesse e delle loro simili. Alla ricerca disperata del raggiungimento di un modello che molto spesso non si confà alla loro persona.
Anche io ho fatto parte di una di queste categorie. Mille e più diete assurde, che mi facevano sognare la colazione tutta la notte e, finita quella, mi portavano a bramare il momento in cui mi sarei seduta a tavola per pranzo. Il cibo come un’ossessione. Come un nemico da fare fuori tramite il controllo assoluto della mente sulle esigenze vitali del corpo. Dovrò stare molto attenta alle mie bambine. Magari quando loro saranno in età adolescenziale, la visione della donna sarà totalmente diversa da ciò che è oggi. O magari no. Mi auguro solo che possano diventare delle ragazze e delle adulte consapevoli del fatto che, prima di tutto, sono loro stesse che devono amarsi ed accettarsi. Bionde o more, alte o basse, in carne o magre. Su questo, per lo meno, potrò far forza sulla mia esperienza per guidarle. Nella speranza che siano meno sciocche di me.
Si vede proprio che lei non ha mai avuto a che fare con la ‘vera’ anoressia…quella autentica. Sa cosa vuol dire davvero soffrire di anoressia o bulimia? Vuol dire essere destinate all’autodistruzione ed esserne a conoscenza ma non riuscire a fare nulla a riguardo, significa essere tristi e dipendenti. Vuol dire essere dipendenti da qualcosa che ti sta uccidendo ma nonostante tutto, apparentemente, ti fa stare bene. Significa deludere tutti, persino se stessi, e non poter rimediare!
Non corriamo dietro ad un’immagine spettrale come quella. E’ diverso chi vuole fare una dieta ed è ossessionato dal cibo per quello, rispetto a chi sta male e proprio non riesce a mangiare..e passa l’appetito, viene la nausea. Questo mondo mi nausea!!!!
Nessuno, e dico nessuno, si ammala di questi disturbi al fine di essere ”più leggero”, più magro… C’è sempre una ragione molto più profonda, qualcosa che fa soffrire e che spesso non si riesce nemmeno a dire. C’è sempre qualcosa di molto più di un ”Voglio essere magra”!!!! Mi fa molta rabbia che c’è ancora oggi una tale ignoranza sull’argomento.
Per quanto riguarda i bambini del Biafra non credi che non ci importi, perchè ci fa star male il doppio, il pensiero che ci sono bambini che non possono mangiare mentre noi ”””possiamo””” e non lo facciamo. Per quanto mi riguarda io non posso. Non voglio fare la vittima o cose del genere perciò non sto qui a spiegarmi ad oltranza o giustificarmi, vorrei solo che si smettesse di parlare delle ragazze anoressiche come se fossero mostri che disprezzano ciò che hanno e che non hanno rispetto per le persone che stanno male davvero.
Lei rifletta su una semplice cosa: noi non staremo mai bene, non c’è medicina che curi questa follia suicida.
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La ringrazio per questo suo toccante commento. Non era mia intenzione offendere alcuno/a. Purtroppo sì, sono cosa vuol dire anoressia. La abbraccio forte e le auguro di avere presto la pace che merita.
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